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Svimez: intervento di Antonio Nicolì, Segretario generale Cisl Lecce


Svimez: intervento di Antonio Nicolì, Segretario generale Cisl Lecce

CISL LECCE | -

Il nuovo rapporto SVIMEZ 2018 restituisce ancora una volta un preoccupante spaccato dello stato dell’economia e della società meridionale. Le variabili macroeconomiche mettono in evidenza come, nel più generale rallentamento dell’economia Italiana, va riaprendosi la forbice tra Centro-Nord e Mezzogiorno, sia in termini di consumi, sia in termini di crescita del PIL (0.8% rispetto all’1.3% del Centro-Nord), sia per quantoattiene gli investimenti (+3.8% a fronte del 6.2 del resto del Paese) e l’export che si attesta nel Mezzogiorno ad un +1.6% rispetto ad un + 3% alle restanti aree geografiche. Seppur in un contesto di grande incertezza, prosegue la lenta ripresa economica legata ad un significativo recupero del comparto manifatturiero. Pure nel nostro spaccato territoriale, tale segmento produttivo si connota per un dinamismo che va ora sostenuto con la costruzione di reti e filiere produttive e di commercializzazione nonché di nuove relazioni industriali che garantiscano la contestuale crescita di produttività, competitività e qualità del lavoro. Si registra una crescita del turismo cui, però, non sempre risponde una significativa e stabile crescita in termini occupazionali. Un settore, questo, che necessita, come da noi più volte evidenziato, del superamento di storiche “approssimazioni” e della realizzazione di una rete integrata di tutti i soggetti in campo, secondo il condiviso modello di “distretto turistico”, da tempo allo stallo. Timidi segnali di ripresa in edilizia, dopo la lunga fase recessiva durante la quale ha perso il 36.6% del valore reale della produzione nel Mezzogiorno. Tra le criticità del mercato del lavoro, significativa è la dinamica della disoccupazione di lunga durata, in aumento al Sud per il secondo anno consecutivo a fronte di una flessione nel Centro-Nord.  Preoccupante la contrazione della spesa pubblica corrente (-7.1% nel Mezzogiorno a fronte di una crescita dello 0.5% nel resto del Paese), con particolare riferimento agli investimenti infrastrutturali che risultano pari a meno di un quinto del totale nazionale, a fronte del 50% degli anni ’70. Un trend cui rispondere con la rapida attivazione della clausola del 34% se si vuole reinvertire la subalternità del Mezzogiorno nel rapporto di interdipendenza con il Nord che lo vede, oggi, mercato di sbocco dell’industria settentrionale e collettore di risparmi impiegati per finanziare investimenti meno rischiosi e più redditizi nel Centro-Nord. All’interno della più generale questione meridionale, la questione demografica è sempre più il tema principale. Una profonda rivoluzione sta ridisegnando la struttura della popolazione con un evidente squilibrio generazionale. Cresce la componente anziana, diminuiscono i giovani, cresce la denatalità. Basti pensare che in provincia si è registrato nell’ultimo decennio un saldo naturale di circa 3000 unità, cui va ad aggiungersi una sempre più forte emorragia di giovani che migrano per studio o per lavoro. Una popolazione, numericamente ridotta, che vede una sempre più alta incidenza della povertà assoluta e di quella relativa; quest’ultima risulta più che tripla rispetto al resto del Paese e si attesta nella nostra regione al 31.6% a fronte dell’8.9% del Centro-Nord. L’ampliamento di tali disuguaglianze territoriali sotto il profilo sociale riflette un forte indebolimento della capacità del welfare di supportare le fasce disagiate della popolazione, con particolare riferimento ai servizi socio-sanitari che maggiormente incidono sui redditi delle famiglie. La cittadinanza ‘limitata’, connessa alla mancata garanzia di livelli essenziali di prestazioni, incide sulla tenuta sociale del Sud e rappresenta il primo vincolo all’espansione del tessuto produttivo.  Per tali ragioni mai come in questo momento occorre che la prossima manovra di bilancio ed i cicli di programmazione delle risorse europee concorrano alla messa in campo di forti politiche di coesione utili al superamento della stagnazione del sistema produttivo ed al superamento dei divari di natura economica e sociale. Così come pure urge realizzare un efficace sistema integrato di servizi per le fasce più deboli della popolazione, rafforzando le politiche attive del lavoro, per fare in modo che i sussidi economici preannunciati possano generare un più ampio progetto di inclusione.

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